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Il male che non c’è di Giulia Caminito

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Scopri il potere evocativo di “Il male che non c’è” di Giulia Caminito, un romanzo che esplora l’infanzia perduta e il male invisibile che ci circonda.

Immergiti nella vita di Loris, un trentenne divorato dall’ansia e tormentato da Catastrofe, una creatura enigmatica che solo lui può vedere.

Desideri ritrovare la libertà interiore e la luce in un mondo oppresso dalla precarietà?

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La recensione di newslibri.it

“Il male che non c’è” di Giulia Caminito è un romanzo che cattura, quasi come un sussurro, la tensione sottile tra il mondo tangibile e quello invisibile che spesso si insinua nei momenti più silenziosi della nostra vita. Al centro della narrazione troviamo Loris, un uomo di trent’anni che, nonostante una vita apparentemente ordinata e normale, si ritrova sempre più assediato da un male oscuro e impalpabile, una presenza che sembra esistere solo per lui.

La storia ha radici profonde nell’infanzia di Loris, un periodo felice trascorso nell’orto di suo nonno Tempesta. Qui, la natura, con i suoi ritmi lenti e armoniosi, fa da contrappeso all’ansia che già da bambino lo tormentava, e che il nonno riusciva a dissolvere con la sua presenza rassicurante e con gesti semplici, come insegnargli a costruire una voliera per i colombi. Tempesta è una figura che incarna la stabilità e la saggezza, e quando è accanto a lui, Loris si libera dalle angosce che normalmente lo paralizzano. Ma il tempo dell’infanzia finisce, e con esso scompare quel rifugio di serenità.

Ora, Loris è un adulto, immerso in un mondo che non riconosce più. Ha fatto della lettura il suo mestiere, ma l’amore per i libri, un tempo un’ancora di salvezza, si trasforma in una professione precaria in una casa editrice. La sua vita sentimentale è apparentemente stabile, ma l’ansia costante di non essere all’altezza di una società che esige successo e certezza lo schiaccia. Si crea così una frattura tra il bambino che cercava rifugio nei racconti e l’uomo che ora è costretto a confrontarsi con un’esistenza fatta di insicurezze e precarietà, in cui ogni passo avanti sembra fragile e temporaneo.

Giulia Caminito, con la sua prosa asciutta e essenziale, trasmette questa tensione con grande maestria. Non descrive solo il mondo interiore di Loris, ma lo fa vivere attraverso dettagli sottili che evocano sensazioni profonde nel lettore. La presenza costante di un male che sembra attanagliarlo, ma che nessun altro riesce a vedere, diventa una metafora potente dell’ipocondria, un disturbo che immobilizza chi ne soffre, rendendo impossibile distinguere tra ciò che è reale e ciò che è immaginato.

A rendere ancora più incisiva questa rappresentazione è la figura di Catastrofe, una creatura mutaforme che accompagna Loris nei momenti più bui. Con i suoi occhi di gatta, la pelle di pesce e le orecchie di lupa, Catastrofe diventa l’incarnazione delle sue paure e delle sue ansie più profonde. È un simbolo potente dell’inquietudine che prende forma e si manifesta nei modi più inaspettati, nei momenti di maggiore vulnerabilità. Catastrofe è ipnotica, quasi seducente nella sua capacità di insinuarsi nei pensieri di Loris, beffarda e pericolosa come tutte le paure che non possiamo vedere chiaramente ma che ci perseguitano in modo sottile.

Il vero fascino di “Il male che non c’è” risiede nella capacità di Caminito di creare un’atmosfera sospesa, onirica, in cui i confini tra realtà e immaginazione si dissolvono. L’ambientazione urbana, con i suoi palazzi grigi e soffocanti, diventa il palcoscenico di una selva oscura, un luogo simbolico che Loris deve attraversare per ritrovare la sua libertà. Questa è una selva interiore, fatta di pensieri, paure e ossessioni, ma anche di possibilità di riscatto. Come Dante nella “Divina Commedia”, Loris deve confrontarsi con i propri demoni per poter vedere la luce, per ritrovare quel senso di libertà che sembra perduto con l’infanzia.

Ciò che rende il romanzo particolarmente rilevante è la sua capacità di parlare a una generazione che, pur non avendo vissuto grandi traumi storici o guerre, si trova a fare i conti con una solitudine profonda, amplificata dalla Rete e dalla precarietà del lavoro. La società contemporanea, con le sue aspettative irrealistiche di successo, stabilità e felicità, mette una pressione insostenibile sulle persone, rendendole schiave di ansie che spesso non hanno una causa tangibile. Caminito esplora questo sentimento con delicatezza, senza mai cadere nel dramma eccessivo, ma mantenendo una tensione costante che si riflette nei pensieri frammentati di Loris.

In definitiva, “Il male che non c’è” è un romanzo che ci invita a riflettere sulle nostre paure e su come queste possano diventare una presenza ingombrante, ma anche su come possiamo, in qualche modo, attraversare questa “selva oscura” e ritrovare una nuova forma di libertà. Giulia Caminito riesce a dare voce a un malessere comune, quello di sentirsi inadeguati e sopraffatti da un mondo che non offre certezze. E lo fa con una scrittura che, pur essendo essenziale, riesce a toccare corde profonde, facendoci riflettere su cosa significhi davvero affrontare e superare il male che ci circonda, visibile o invisibile che sia. 

 

 

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