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A Birobidžan io ci sono nato. Storia di un «ebreo a metà» nella prima Israele di Eugenio Cardi

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Scopri la storia di Isaac, “un ebreo a metà”, intrappolato tra un passato che fatica a riconoscere e un futuro segnato dalle sue scelte.

Il suo percorso lo porterà a confrontarsi con il KGB e il legame profondo con l’unico familiare rimastogli, il nonno Jacob.

La sua lotta interiore tra appartenenza e tradimento è un viaggio avvincente alla ricerca di un’identità sfuggente.

Immergiti in questa storia emozionante e scopri come Isaac affronta le contraddizioni del suo destino. 

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La recensione di newslibri.it

“A Birobidžan io ci sono nato. Storia di un ‘ebreo a metà’ nella prima Israele” di Eugenio Cardi è un romanzo che esplora il viaggio interiore di Isaac, un uomo alla ricerca di sé stesso in un contesto storico e culturale complesso. L’opera, ambientata nella regione autonoma ebraica di Birobidžan, la cosiddetta “prima Israele” creata in epoca sovietica, si addentra nelle contraddizioni di un’identità frammentata, attraverso il racconto di un protagonista che si percepisce come un “ebreo a metà”.

Isaac vive il suo rapporto con le proprie origini in modo conflittuale e distaccato. Nato da padre ebreo e madre non ebrea, è consapevole che, secondo la tradizione ebraica, il suo status non è pienamente riconosciuto, poiché nell’ebraismo l’appartenenza religiosa si trasmette per linea materna. Questo aspetto ha contribuito a fargli sviluppare un senso di non-appartenenza, di sentirsi fuori luogo sia rispetto alle sue radici ebraiche sia alla società circostante. Questa spaccatura si traduce in un profondo senso di incertezza e isolamento, che lo accompagna lungo tutta la sua vita.

Il rapporto di Isaac con il nonno Jacob, l’unico membro della famiglia con cui ha un legame affettivo, è al centro della narrazione. Jacob, figlio di un ebreo ortodosso, rappresenta una figura fondamentale nella vita di Isaac, non solo per il ruolo affettivo che ha avuto crescendo il nipote, ma anche per ciò che incarna: la storia, le tradizioni e il peso di un retaggio che Isaac sente di non riuscire a comprendere fino in fondo. Il nonno è la sua connessione tangibile con il passato, ma anche la personificazione delle aspettative che Isaac non sente di poter soddisfare.

La lotta interiore del protagonista si intensifica quando decide di entrare a far parte del KGB, il famigerato servizio segreto sovietico. Qui, Isaac cerca di costruirsi una carriera che potrebbe garantirgli potere e prestigio, ma anche una via di fuga dalla complessità della sua eredità culturale. Tuttavia, questa scelta lo tormenta profondamente. Il KGB è infatti l’opposto dei valori che il nonno Jacob rappresenta: la fiducia, l’onestà e la trasmissione delle radici familiari. Isaac sa che, se il nonno scoprisse il suo coinvolgimento in un’istituzione così oppressiva, si creerebbe una frattura insanabile tra di loro. Questa tensione tra il desiderio di avanzare socialmente e la paura di tradire l’unico affetto sincero che abbia mai avuto è uno degli aspetti più potenti del romanzo.

La figura di Isaac è emblematica di chiunque si trovi a cavallo tra due mondi che appaiono inconciliabili. Da un lato, c’è la spinta verso l’integrazione, il successo e il raggiungimento di un ruolo significativo in una società che sembra ignorare le sue radici; dall’altro, c’è il richiamo delle tradizioni, delle origini e della famiglia, che gli chiedono di restare fedele a ciò che è. Isaac non riesce a trovare una risposta semplice a questo dilemma e, per gran parte del libro, rimane in una sorta di limbo identitario.

Il percorso del protagonista è anche un viaggio alla ricerca di un’identità che sembra sfuggirgli continuamente. Non è solo la sua metà ebraica a risultare problematica; è anche il rapporto con la madre, di cui sa molto poco. Questo vuoto, l’assenza di una figura materna, contribuisce ulteriormente a farlo sentire incompleto. L’autore utilizza questa assenza come metafora della frammentazione del sé, mostrando come Isaac sia costantemente alla ricerca di pezzi mancanti della propria esistenza.

Malzieu, attraverso la narrazione, ci porta a riflettere su temi universali come il senso di appartenenza, la ricerca di sé stessi e il bisogno di essere accettati per quello che siamo. “A Birobidžan io ci sono nato” non è solo la storia di Isaac, ma anche la storia di tutti coloro che, in qualche modo, si sentono divisi tra ciò che sono e ciò che la società si aspetta che siano. L’autore ci invita a riflettere sulle nostre radici, sul significato di appartenere a qualcosa più grande di noi e sulla complessità del costruire una vita autonoma, senza perdere il contatto con il passato.

La prosa di Cardi è delicata e poetica, capace di tratteggiare con grande sensibilità le emozioni del protagonista. L’introspezione di Isaac è accompagnata da momenti di profonda riflessione, che spingono il lettore a interrogarsi sulla propria identità e sul proprio cammino. Il ritmo del romanzo è sostenuto da una tensione costante, quella di un uomo che cerca di conciliare due parti di sé che sembrano inconciliabili.

In conclusione, “A Birobidžan io ci sono nato” è un’opera intensa, toccante e ricca di spunti di riflessione. La storia di Isaac è quella di un uomo che lotta per trovare il proprio posto nel mondo, combattuto tra un passato che non comprende e un futuro incerto. Attraverso il suo viaggio interiore, l’autore ci invita a esplorare le nostre stesse fratture, a mettere in discussione le nostre scelte e, infine, a cercare la riconciliazione con noi stessi. 

 

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